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Ma andiamo al sodo, per chiusura sociale Max Weber intendeva il processo con il quale le collettività sociali cercano di massimizzare le ricompense restringendo gli accessi alle risorse ed alle opportunità ad una limitata cerchia di persone che hanno certi requisiti. La chiusura implica l'individuazione di certi attributi sociali e fisici come fase giustificativa dell'esclusione.
Weber sostiene che praticamente ci si può rifare ad ogni attributo di gruppo (razza, religione, lingua, origine sociale) a condizione che possa essere utilizzato per la «monopolizzazione di opportunità specifiche, di solito di ordine economico».
«Questa monopolizzazione è diretta contro altri concorrenti, che sono contraddistinti da una caratteristica comune, positiva o negativa. Ed il fine è la chiusura, non importa in quale ambito, di opportunità sociali ed economiche agli estranei». La natura di queste pratiche di esclusione e l'estensione della chiusura sociale determinano il carattere generale del sistema distributivo e creano delle inefficienze economiche di tipo oligopolistico/monopolistico che non permettono la massimizzazione del potenziale sociale, sono ciòe situazioni sub-ottimali che diminuiscono la capacità di crescita del Paese nel qule vigono tali comportamenti. Tradotto: «Il bene di pochi per il male di molti».
La caratteristica peculiare della chiusura rivolta all'esclusione è il tentativo, da parte di un gruppo, di assicurare per sè una posizione privilegiata a spese di qualche altro gruppo, tramite un processo di subordinazione.
In tale sistema è ovvio che l'ereditarietà, creando tra gli uomini fin dalla nascita diseguaglianze, che non sono collegate al merito, di cui tanto si parla a sproposito, invalida l'intero sistema contrattuale alle proprie radici. Questa pratica, sempre perpetrata nella storia, ha portato a regolari sconvolgimenti sociali.
Il desiderio delle professioni di controllare il lato dell'offerta del lavoro sembrerebbe spiegare, almeno in parte, l'epidemia delle qualificazioni chiamata da Dore la "malattia del diploma". Si tratta della tendenza generale tra le professioni ad elevare gli standards minimi di accesso mano a mano che quote crescenti di potenziali candidati raggiungono quei livelli di qualificazione un tempo rari. Il fare crescente affidamento sui titoli come su una precondizione per la candidatura professionale è comunemente giustificato con riferimento alla sempre maggiore complessità dei compiti da svolgere ed al conseguente bisogno di più severi tests di capacità individuale, proprio come quanto affermato dai sui intervistati.
Teoricamente la tecnologia e l'evoluzione dovrebbero invece facilitare tali compiti, più o meno sempre uguali nel tempo, dimostrazione ne è che alcune competenze prima di esclusiva del notariato sono state liberalizzate con enorme vanatggio sociale.
Inoltre, attraverso un'accurata analisi, Berg ha mostrato che non vi è alcuna prova che le variazioni nel livello di istruzione formale siano connesse a variazioni nella qualità del lavoro prestato, ciò a dimostrazione della tesi che è la volontà di chiusura sociale per la salvaguardia del reddito, e che reddito! Più che l'accresciuta complessità, a dettare le regole per l'accesso a determinate professioni.
Allora ritorna la domanda iniziale: «Perchè dividere una torta in pochi quando se questa fosse divisa tra più persone la società ne trarrebbe un beneficio? Come mai pur conoscendo i meccanismi che stanno alla base della chiusura sociale continuiamo a lasciarla perpetrare quando sappiamo per certo che un sistema più competitivo sarebbe senza dubbio più efficiente?».
Lettera firmata
Paolo Biavati
Ho letto con interesse i suoi articoli pubblicati il 6 agosto,sul Sole 24 Ore sulla figura e funzione del Notaio.
E' una delle poche volte che ho trovato un giudizio equilibrato e corretto non tanto per la figura del Notaio, ma per la sua funzione e sulla utilità della sua professione in quanto è l'unica persona che è terza rispetto agli interessi diversi o contrastanti; figura rimasta che è "terza" rispetto agli interessi diversi e contrastanti tra le parti.
Io sono il quinto di una generazione di Notai, mio figlio è il sesto, Le assicuro che la funzione è stata conquistata dopo anni di sacrifici e di studi continui: poi la vita professionale ha evidenziato le capacità tecnico-giuridiche del Notaio e del suo rapporto, soprattutto sotto il profilo umano con la clientela.
Erroneamente, e lo dico con convinzione in quanto per sette anni sono stato amministratore della Cassa Nazionale del Notariato, siamo stati giudicati come una "Casta" solo perchè le nostre capacità professionali sono superiori alle media rispetto alle altre professioni ed investono sotto il profilo giuridico fiscale un vasto campo di applicazione a trecentosessanta gradi con il solo fine non solo di dare certezza ai rapporti contrattuali e di evitare qualsiasi contenzioso giudiziario.
E non è poco.
Colgo l'occasione per rallegrarmi e ringraziarla a nome di tutti quei colleghi che, in silenzio, lavorano per certezza dei rapporti contrattuali.
